giovedì 8 aprile 2010

Inquinamento degli Organismi



Installazione: Inquinamento degli Organismi

Io canto l'individuo, la singola persona,
Al tempo stesso canto la Democrazia, la massa.
L'organismo, da capo a piedi, canto,
La semplice fisionomia, il cervello da soli non son degni della
Musa: la Forma ne è ben è più degna,
E la Femmina canto parimenti che il Maschio.
Canto la vita immensa in passione, pulsazioni e forza,
Lieto, per le più libere azioni che sotto leggi divine si attuano,
Canto l'Uomo Moderno.
(Io canto l'individuo, Foglie d'erba, Walt Whitman)


Cosi come il celebre poeta americano Walt Whitman, anche l’artista Federico Ciacci canta l’individuo e lo canta allegramente su tela. Nella sua serie, “L’inquinamento degli organismi” trionfa l’elemento onirico, il bric à brac del giovane artista che dipinge un turbine di idee, sogni, pensieri ed emozioni con la purezza e l’entusiasmo di un bambino.
E se tornar bambini è la miglior medicina per vivere e gioire in un mondo sempre più crudele e selvaggio, la visione delle opere dell’artista riporta lo spettatore a respirare atmosfere, emozioni sopite eppur ancora vive.
Leitmotiv della sua opera è infatti il recupero della gioia e dell’entusiasmo della fanciullezza, l’andare alla scoperta di nuovi orizzonti, una ricerca infinita e densa di plurimi significati superbamente enfatizzata da un sapiente uso dei colori.
La commistione di plurimi codici di linguaggio -come si evince dalla sua opera prima “L’energia degli Organismi”- in cui le parole, slogan e clichè si fondono su tela, aprono l’orizzonte al meraviglioso mondo dipinto dall’artista.
E qui la realtà, colta nel suo vorticoso dinamismo, sovverte soavemente l’ordinario in favore dello straordinario.
La meraviglia ingenerata dalla voluta incompiutezza dei dipinti, una pluralità di significanti che aprono la via ad altrettanti significati. Linee che si incrociano, strade che si sollevano -come nella sua ultima opera “Metropolis”- mondi paralleli che si avvicinano, oggetti pensanti si fondono e si confondono con i personaggi delle sue opere che ricordano il tratto e l’opera dell’artista americano underground Daniel Johnston, declinato però in modo meno drammatico e più lieve.
La tristezza diventa più leggera, cedendo il passo alla malinconia e regalando una preziosa consapevolezza di leopardiana memoria:
“E il naufragar m’è dolce in questo mare”.

Nunzia Garoffalo

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